“L’ ultimo viaggio” è un libro che ho in casa da quattro anni. In questo lungo tempo non ho saputo trovare parole per scriverne una presentazione. Sovrasterebbero un suono, il suono della bellezza e del silenzio, del dolore.

Come un’opera d’arte, una musica classica si guardano e ascoltano in silenzio, così questo albo illustrato. E’ un capolavoro. Credo ne dovremmo avere uno in ogni casa, è un libro necessario, ed è un gioiello. Luce e ombra.

Senza nulla aggiungere, riporto il testo della postfazione:

Non ci è concesso lasciare il mondo così come è.” Janusz Korczak

Poveri senza famiglia, di migliaia di bambini –ebrei ma non solo- Janusz Korczak si prese cura per oltre trent’anni. Pediatra, subito capì che per prendersene davvero cura alla medicina avrebbe dovuto affiancare la pedagogia. Nacque così una delle più straordinarie esperienze che la storia ricordi, con i bambini protagonisti attivi della loro crescita, della loro formazione. Un’esperienza che continuò anche tra le mura del ghetto di Varsavia, con Janusz Korczak sempre al fianco dei suoi bambini. Né, pur potendo, volle abbandonarli quando i nazisti decisero di trasferirli, per l’ultimo viaggio, nel campo di Treblinka.

La sua impronta, insieme a quella dei suoi bambini, resta indelebile, nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’Onu a New York il 20 Ottobre del 1989.

Elena Elle Comana

La recensione è presente anche sul blog Abracadabra libri